Anche in Italia sono presenti le famigerate pandillas, gruppi di latinoamericani, in guerra tra di loro. I loro nomi sono gli stessi della bande d'oltreoceano: Latin King, Netas, Comando. Dopo l'ultima tregua siglata a Genova tra le gang rivali quali iniziative sono state messe in campo per arginare questo problema?
Vatos Locos, Mara Salvatrucha, Latin Kings, Comando. Sono alcuni dei nomi di quelle che i media hanno spesso chiamato impropriamente e sbrigativamente Baby Gang. E non siamo nei quartieri ghetto di New York o Città del Messico. Siamo in Italia, nelle periferie di quelle città che un tempo erano il triangolo industriale italiano: Genova, Milano, Torino. Queste bande giovanili, pandillas, sono un altro dei lati oscuri dellintegrazione dei migranti nel nostro Paese, ma chi sono e cosa cè dietro la violenza di cui tanto si parla? Le «bande» cominciano a essere presenti in Europa verso la fine degli anni 90, a causa delle crisi economiche, del debito estero e del collasso del neo-liberismo in molti Paesi dell'America Latina. In realtà nascono negli Stati Uniti, a Chicago, New York come movimento di solidarietà tra connazionali allestero per poi riformarsi nelle città dorigine quando alcuni vi fanno ritorno.
In Italia, meta di importanti flussi migratori soprattutto dallEcuador e dal Perù, le pandillas sono nate nelle periferie delle grandi città, richiamandosi alle esperienze dei luoghi dorigine.
Vengono dallEcuador, Portorico, Perù. E sono difficili da capire, tra disagio e devianza, criminalità e protagonismo giovanile, emarginazione e integrazione. Di loro si è parlato solo per le guerre tra bande ma la realtà del fenomeno è molto più complessa e i risvolti molto più interessanti di quello che può sembrare dai titoli dei giornali. Gli ultimi anni hanno profondamente modificato il panorama delle migrazioni che coinvolgono città come Genova e Milano. Limmagine dei latinoamericani è fatta di donne e di uomini impiegati nei molti lavori sottopagati delleconomia informale, ma anche di numerosi adolescenti che popolano le strade. I giovani latinos cominciano a interessare le varie istituzioni (polizia, servizi sociali, tribunale dei minori, scuole, associazioni...) attraverso l'attenzione, spesso negativa, dei media. Per lopinione pubblica, lunica preoccupazione era la violenza. Anche la giustizia in alcuni casi non conosceva a fondo il fenomeno. Se ci si mette a sfogliare le ordinanze di custodia cautelare che hanno toccato molti appartenenti alle bande cè da restare colpiti: associazione a delinquere, rissa, rapina aggravata, estorsione, tentato omicidio, sequestro di persona, detenzione darmi. Ma nella realtà, di cosa parliamo? Sottrazione di oggetti come il cappellino, simbolo dellazione compiuta, risse tra bande che non hanno mai coinvolto persone estranee ai gruppi, nessun vantaggio economico della condotta criminale. Spesso anche le denunce venivano fatte in maniera strumentale per colpire gli avversari. La posta in palio era il rispetto, lonore. In pochi si interrogano sulle cause ma a molti interessano le soluzioni. Così a Genova con laiuto delluniversità questi gruppi sono diventati organizzazioni di strada e non più organizzazioni criminali. Si è deciso di avvicinare i giovani, spesso in carcere, conoscerli, pensare insieme dei percorsi di protagonismo in spazi di legalità. Si è puntato a mediare i conflitti tra gruppi rivali, principale problema associato alla violenza, offrire un riconoscimento pubblico, una possibilità di emergere dal ghetto. A Milano si è seguito un esempio analogo. Tre anni di lavoro sul campo da parte di educatori, sociologi, associazioni per un piano articolato che poneva, ovviamente, al centro, i giovani. E se è vero che la sinergia di diversi attori e diversi linguaggi ha portato in varie città alla soluzione di un problema, è altrettanto vero che semplici misure repressive non bastano.
Perché è ben altro che un problema di ordine pubblico. Nel caso dei giovani arrivati al seguito dei genitori, bisogna anche misurarsi con uno sradicamento, spesso non voluto e non progettato. Senza giustificare la violenza, ci sono tante storie dietro queste bande, ricreare una nazione in un posto nuovo è quello che fanno tutti i migranti. E gli italiani dovrebbero saperlo...
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