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Rain man - L'uomo della pioggia

Rain man - L'uomo della pioggia


(Sky Mania)

24/04/2009  21:00

Film


Tematiche: Malattia mentale, Giovane, Gambling, Famiglia, Affettività, Handicap, Relazione, Terapia, Sessualità

Charly, importatore di auto di lusso, è oppresso dai debiti. Quando scopre che l'enorme eredità paterna è andata al fratello maggiore Raymond, uno psicopatico affetto da autismo e di cui ignorava l'esistenza, cerca di farsi nominare suo tutore per poter disporre del cospicuo patrimonio. Tra i due fratelli nasce però un legame profondo, che impedisce a Charly di mettere in pratica il suo disegno. TRACCIA TEMATICA Più che il problema psichiatrico il tema centrale del film è l'incontro tra due esseri umani completamente diversi, le cui strade si incrociano in modo casuale e scorrono parallelamente solo perché uno dei due pensa di trarre profitto dalla situazione. La conoscenza di persone ritenute anormali può far subentrare alla sopportazione per calcolo e convenienza un autentico affetto. Non è Raymond a cambiare (e tantomeno a guarire) secondo uno stereotipo consolidato del modo con cui tradizionalmente Hollywood ha affrontato il tema della malattia mentale, ma Charly, quasi a suggerire l'idea che il malato fosse lui (di egoismo e insensibilità). Alla fine sembra che sia il protagonista, bello, giovane e brillante, ad aver bisogno del fratello pasticcione e malato e non viceversa. VALUTAZIONE CRITICA Grande performance recitativa dei due protagonisti (Oscar a Hoffman). Più che al genere psicologico il film sembra appartenere al road movie con tanto di dimensione avventurosa (la sequenza della vittoria al casinò). Particolarmente intensa per l'atmosfera crepuscolare la sequenza del flash-back infantile di Charly e per la tonalità malinconica quella finale del distacco tra i due fratelli. Il film dimostra come l'industria cinematografica statunitense anteponga quasi sempre le ragioni dello spettacolo all'approfondimento problematico di personaggi e situazioni. RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI Scienze La patologia autistica. Genere: Drammatico. Attualità Cinematografiche - Roberta Corvi Vincitore dell'Orso d'oro al festival di Berlino 1988, il film ha guadagnato quattro Oscar: per il miglior film, il miglior regista, miglior protagonista, migliore sceneggiatura. Barry Levinson, dopo "ll migliore" (1984) - titolo ricordato dal pubblico più per l'interpretazione di Robert Redford che per il regista, allora alle prime armi, - è andato affinando non solo le sue qualità narrative, come dimostrò già in "Piramide di paura" (1985), ma anche le sue capacità di analisi e di ricerca su fenomeni tipici di quella società americana che, per molti versi, è ancora il modello delle società industrialmente avanzate dell'Occidente. La prima prova di un certo rilievo risale a "Tin Men" (1987); l'anno dopo Levinson si è meritato la fama di autore non banale con "Good Morning Vietnam", per culminare, a quanto pare trionfalmente, con questo "Rain Man". Sorprendente innanzitutto è Dustin Hoffman, così bravo da diventare un attore nuovo, che non rimanda a nessuna delle sue precedenti eppure splendide interpretazioni. Sarà forse merito del lungo lavoro dedicato alla preparazione di questo ruolo, secondo i canoni dell'Actors' Studio: sta di fatto che Hoffman riesce davvero a gettare sul mondo e sulla macchina da presa lo sguardo vuoto e spento di chi guarda ma non vede. Come ha chiuso gli occhi sulla realtà, così ha cancellato il sorriso dal suo volto, per trincerarsi dietro la maschera rigida e inespressiva dell'autistico. Sorprendente è persino Tom Cruise, il quale è impegnato in una parte molto meno difficile e più congeniale alla sua natura, comunque recita davvero, tanto che riesce a farsi perdonare di essere il protagonista in "Cocktail", contemporaneamente proiettato nelle nostre sale cinematografiche. Sorprendenti sono anche la sceneggiatura e la regia. Si tratta infatti di un film che sfrutta il genere road movie e i suoi espedienti spettacolari per andare oltre il genere stesso e parlare d'altro in modo non convenzionale e non palesemente retorico. Quello che lascia ammirati è l'effetto ottenuto da Levinson, il quale riesce a fare un film che non sia levigato, patetico e fondamentalmente consolante, come era "Figli di un dio minore". Nello stesso tempo però riesce anche a fare un film che, a differenza di "Gaby: una storia vera", coinvolge lo spettatore, lo rende partecipe, suscita emozioni senza farlo sentire in colpa per essere "normale". E se fosse, come qualcuno ha insinuato, un effetto calcolato ai fini di risultare popolare e commerciale senza darlo a vedere, allora bisogna ammettere che Levinson i calcoli li sa fare tanto bene da non sembrare affatto un calcolatore. Unico neo del film - spiace dirlo trattandosi ormai di una gloria nazionale! - è Valeria Golino, molto apprezzata negli Stati Uniti, dove probabilmente è doppiata. La sua recitazione è, a dir poco sciatta, a cominciare dal piano della dizione. Di buono c'è che compare poco e parla meno. Fratelli Protagonisti assoluti sono i due fratelli Raymond, il maggiore, autistico ed erede della fortuna paterna, e Charlie, giovane yuppie inguaiato, diseredato e deciso a riappropriarsi di quanto gli spetta. Charlie fino alla morte del padre - e anche dopo se fosse stato solo per la volontà del genitore - ignorava persino l'esistenza di questo fratello; aveva il vago ricordo di un amico immaginario, da lui chiamato "rain man", che gli cantava una canzoncina, ma non avrebbe mai pensato che dietro questa memoria infantile, dietro quel nome inconsapevolmente storpiato, ci fosse un Raymond in carne e ossa. La sconvolgente scoperta non fa perdere la testa all'indebitato e intraprendente giovanotto che ha troppo bisogno di quei soldi che il padre gli ha negato; così non esita a rapire il fratello dall'istituto dove è ospitato per portarselo a Los Angeles, nella speranza di ottenere la tutela o qualcos'altro che gli permetta di controllare l'ingente patrimonio. Il piano è semplice, ma va presto in fumo a causa di Raymond che, terrorizzato dagli aerei, obbliga Charlie a raggiungere Los Angeles a bordo della Buick Roadmaster decapottabile, anno 1949: insieme a qualche cespuglio di rose costituisce tutta l'eredità del fratello minore. Una settimana trascorsa insieme giorno e notte, è sufficiente a trasformare l'insofferente Charlie in un fratello affettuoso, meno preoccupato dal denaro - anche perché nel frattempo, grazie a Raymond, ha vinto una discreta sommetta - e più interessato al mondo strano e forse impenetrabile di Raymond. Quest'ultimo alterna sprazzi di genialità matematica e di memoria prodigiosa a dimostrazioni di pervicace ottusità. Però, mentre non sembra affatto rendersi conto di quel che gli accade intorno, mormora: "Charlie mio migliore amico". Alla fine, quando Raymond torna in istituto, non si può fare a meno di chiedersi fino a che punto un uomo così possa gioire o soffrire. Certamente sa manifestare il proprio disagio, per esempio quando recita in tono monotono e insistente un celebre sketch di Gianni e Pinotto. Charlie invece è sicuro che Raymond capisca, che abbia compreso il suo affetto e che sarà felice quando si recherà a Wallbrook a fargli visita. Cinema e famiglia II segreto del film sta tutto nel pieno funzionamento del meccanismo di identificazione inconscia, che ha a disposizione non uno, ma due oggetti. Charlie e Raymond si collocano ai due poli opposti di un universo psicologico e quindi consentono di avvicinarsi ora all'uno ora all'altro. Chiunque si identifichi istintivamente con il "normale" può anche ritrovarsi inconsciamente nei gesti impacciati di Raymond, nella sua ossessione per la ritualità, nella sua mancanza di senso pratico, nel suo bisogno-rifiuto di comunicare. Inoltre, ognuno può condividere o comprendere la nostalgia della famiglia che più volte trapela dai discorsi di Charlie, un ragazzo che non ha mai avuto legami familiari: la madre è morta quando era piccolissimo, dal padre severo ed estraneo è fuggito da ragazzo. Questo spiega perché gli sarebbe piaciuto conoscere prima un fratello che piove come un dono dal cielo e che si rivela, forse, un'eredità ancor più preziosa dei tre milioni di dollari di cui è stato privato. La famiglia insomma sembra tornare prepotentemente alla ribalta, come la coppia del resto. Sul ritorno della vita di coppia si dice abbia influito lo spettro dell'AIDS, ma per questa voglia di famiglia di un giovane rampante classe 1962 non c'è altra spiegazione che un naturale quanto imperioso bisogno di affetto. Che non è solo desiderio di ricevere, ma anche di dare, come è evidente in questo caso. E non è nemmeno un'esigenza generica: in fondo Charlie ha una ragazza che gli vuole bene. È il desiderio di un legame unico, non perché esclusivo, ma perché derivante da comuni radici genetiche, psicologiche, ambientali. La riscoperta della famiglia non è una novità nel cinema degli ultimi anni Ottanta: da "La famiglia" a "Paura e amore", da "Voci lontane, sempre presenti" a "Mignon è partita", tanto per citare un campionario alquanto eterogeneo, si torna a rivalutare il ruolo insopprimibile della prima comunità naturale. Non ci si illude più che sia un nido d'amore immune da patologie di qualsivoglia natura. Non viene più idealizzata, viene scrutata, anche con ironia e occhio critico, ma nella consapevolezza che, nel bene e nel male, è pur sempre un punto di riferimento. Questo almeno sembra suggerire Charlie, quando vede allontanarsi con tristezza, commozione e tenerezza un fratello con cui non può comunicare e che non si lascia nemmeno abbracciare, ma che, nondimeno, è suo fratello.

> Autori: 

Levinson Barry

> Interpreti: 

Hoffman Dustin, Cruise Tom, Golino Valeria, Molen Gerald R., Murdock Jack, Roberts Michael D., Ralph SeymourLucinda Jenney

> Origine: 

U.S.A.

> Voto: 

1 2 3 4 5

> Da vedere perchè: 

Lo potrei utilizzare...

> Elenco repliche: 

Sky Mania, 24/04/2009 21:00

Sky Mania, 30/04/2009 18:45

CAN 5, 18/07/2010 21:15

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