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Non cambiate indirizzo. Le logiche comuni di Internet e tv

Toglietemi tutto, ma non il mio web. Secondo un recente sondaggio è Internet il media di cui gli italiani farebbero più difficilmente a meno; la tv è scivolata al secondo posto. Qualcuno parla di imminente morte della televisione, dimenticandosi che i media tendono ad integrarsi e a ridefinirsi, piuttosto che a uccidersi.

Prendiamo l’informazione. Si potrebbe credere che la possibilità di cercare online le notizie renda meno appetibile il telegiornale. In realtà quasi tutti i cinquecento adolescenti della provincia di Cuneo, a cui abbiamo posto la domanda “Come vi informate?”, ci hanno risposto: “Con i tg”. La nostra conoscenza del mondo passa ancora in massima parte attraverso Tg1 e Tg5. Su Internet occorre cercare, quindi servono partecipazione attiva, attenzione, competenze; la tv ci risparmia il lavoro, offrendoci le informazioni già scalettate e riassunte in centoventi secondi. Guardare (e ascoltare) la televisione costa poca fatica e soprattutto non esclude altre attività: la tv accesa a cena è normale, navigare mentre si mangia è maleducato.

Se in tv si vede, su Internet si “ri-vede”. Su Youtube i video più cliccati sono spesso immagini andate in onda la sera prima in televisione: la premiazione di Amici o di Sanremo, i goal della domenica, due politici che discutono nell’ultimo talk show.

La televisione a sua volta manda in onda materiali trovati online, ma il suo messaggio è sempre uno: non cambiate canale. Questa logica è migrata sul web. Se la Rete degli anni ’90 era caotica e centrifuga, con link che invitano a spostarsi da un sito all’altro, oggi la tendenza dei colossi come Facebook e Google-Youtube è quella di creare ambienti dove trovare tutto senza cercare altrove. “Non cambiate canale” sul web diventa “non cambiate indirizzo”. La regola a cui obbediscono entrambi i media è la stessa: quella pubblicitaria. I navigatori, come gli spettatori, sono consumatori: la posta in gioco, su Internet e in tv, è la loro attenzione. Non è un caso che il formato che prolifera su entrambi i media sia proprio lo spot pubblicitario, nella sua durata standard di 15 – 30 secondi.

In questo scenario, chi seleziona e ci fa conoscere video nuovi e originali, articoli interessanti, siti utili? Questa è una delle sfide culturali e educative di questi anni. Su Internet la scusa “non c’è mai nulla di interessante” non regge più.

 

Beppe Masengo



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