Rai - Segretariato Sociale Regione Piemonte
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Beach, The

Beach, The


(Cult)

14/09/2010  22:45

Film


Tematiche: Cannabis, Giovane, Violenza, Società, Contestazione, Suicidio, Tendenze, Turismo e vacanze, Alcool, Consumo

Richard è un ragazzo che ama i viaggi, i videogames e i film sulla guerra del Vietnam. In Thailandia alloggia in un albergo dove trova una mappa, lasciata dal suo vicino di stanza. La mappa si riferisce ad un leggendario paradiso completamente libero dalle contaminazioni della società occidentale. Decide così di partire alla ricerca di "the beach"… Cineforum - Ermanno Comuzio Giuro che non so da che parte prenderlo, questo bizzarro film. Sarei tentato di liquidarlo con la frase con cui Dario Fo, in 'Il dito nell'occhio', accoglieva il riassunto della Bibbia da parte di un narratore: 'Che stupidata!' (visto che anche qui, poco o tanto, con la Genesi abbiamo a che fare). Ma dopotutto posso tentare di esprimere al riguardo le mie opinioni, non perché siano importanti, ma per spingere altri (no, il dibattito no!) a confrontarle con le sue. l pareri sono discordi, infatti. Un critico americano, sulle pagine di 'Time', ha scritto che il film 'spande un odore di pesce morto'; altri osannano alla riscoperta dell'Utopia di Tommaso Moro. Personalmente ho paura che il pesce ci sia, quello del primo di Aprile. Premetto che non conosco il romanzo (stesso titolo, autore Alex Garland, editore Bompiani) da cui la pellicola è tratta, e non ne sento una gran voglia, anche se mi incuriosirebbe sapere se c'è già tutto lì o se sceneggiatore e regista hanno 'liberamente' interpretato. Comunque sia, pare che il film abbia edulcorato le pagine di Garland, in cui la fuga dalla realtà del protagonista aveva tra le altre motivazioni anche il bisogno di dimenticare l'esperienza compiuta in Vietnam. Resta una traccia di questo, semmai, in certi richiami nelle immagini e nelle situazioni, come l'insistenza sulle pale del ventilatore al soffitto (oltre che l'inoltro verso il 'cuore di tenebra' della giungla) tipo "Apocalypse Now" e la roulette russa come in "Il cacciatore". Il tutto miscelato - nonostante la partenza ''pacifista' - con "Rambo". Dunque il tema è l'abbandono di una civiltà corrotta dal troppo benessere, marcia, contaminata, inautentica, e il ritorno alla natura, alla vita del buon selvaggio. La vita del gruppo che si è rifugiato sull'isola (sulla parte 'buona' dell'isola) è retta dalle regole di una 'comune', dove tutti lavorano (il meno possibile) per prepararsi l'indispensabile (cibo, vestiti, un tetto) e soprattutto giocano, nuotano, suonano la chitarra, amano. E fumano: in fondo quegli armigeri che custodiscono il campo di marijuana rendono un servizio anche a loro, che considerano lo spinello un elemento essenziale del loro tenore di vita. Volendo, si può dire che quell'isola è una nuova Shangri-La, o uno di quegli approdi mentali cantati dai poeti della beat generation (le citazioni sono facili). Ora, quarant'anni dopo, tali approdi sono virtuali: se i turisti giapponesi si persuadono di essere stati a Venezia soprattutto guardandosi, a casa, le fotografie che hanno scattato in Piazza San Marco, il protagonista di "The Beach" si persuade di aver vissuto la sua esperienza scoprendone le tracce su Internet. Il dubbio è: il regista Danny Boyle, che di 'fumati' se ne intende, avendo girato "Trainspotting", c'è o ci fa? Voglio dire: si prende sul serio, nel raccontare gli aspetti che assumono le utopie dei 'figli dei fiori' d'oggigiorno, o ci prende in giro? Spessissimo, durante la proiezione, si è tentati di fregarsi gli occhi, increduli rispetto a ciò che vediamo. Ci chiediamo come dobbiamo prendere il plateale suicidio del matto che lascia la mappa al protagonista, il cui sangue tappezza (alla David Lynch: e anche la musica, che è appunto di Angelo Badalamenti, ci riporta alla fiammeggianza di "Twin Peaks") tutte le pareti della sua stanza, mentre Richard commenta: 'una di quelle cose che capitano nei film'. Se dobbiamo credere a quel viaggio verso l'isola, dopo che Richard ha guardato le stelle insieme alla bella francesina filosofeggiando sulle bellezze del creato, fra bellurie fotografiche e musiche sdolcinate. Se dobbiamo credere all'isola, presentata nelle immagini e nei suoni (con sospiri cadenzati tipici di un atteggiamento desiderante), come in uno spot delle vacanze Valtur (non mi importa che il luogo sia davvero un sito turistico, protetto dal governo tailandese, parlo della sua rappresentazione). Se dobbiamo credere all'amplesso fra i due amanti sott'acqua, con riprese subacquee ed evoluzioni compiaciute e rockeggianti più da videoclip che da "Laguna blu". Pare che Leonardo Di Caprio, 'verde' e figlio di un figlio dei fiori, nelle conferenze-stampa di lancio del film sia stato propenso a prendersi terribilmente sul serio, cianciando di ecologia, di purezza, di nuova vita, di difesa dell'orbe terracqueo e simili, sostenendo la tesi 'filosofica' che la ricerca della Felicità è vana se non la trovi dentro di te. Tra l'altro non si capisce bene se sa recitare davvero o se si limita a fare il duro per dare un'immagine tosta di sé: io non ci vedo comunque né il carisma né il grande talento che qualcuno gli riconosce. Comunque sia, fra accettare la tesi del 'messaggio' e quella dello scherzo, tendo per la seconda ipotesi, a credere cioè che il regista giochi con noi, che ci strizzi l'occhio invitandoci a divertirci, anche se i segni dell'ironia sono ben mimetizzati. Però quando vediamo Tilda Swinton fare la fanatica, con un accenno di ambiguità sessuale (ricordo di "Orlando"?) come Signore/Signora dell'Eden, nel permettere o vietare ciò che si può fare sull'isola, pena la perdita della condizione paradisiaca; o gli abitatori, felici della loro rinuncia alle pompe del mondo, mettersi in fila per dare a Richard, prescelto per andare in città a rifornirsi di generi di prima necessità, la lista delle loro occorrenze (dopobarba, chewingum, preservativi ... ), allora penso proprio ad una burletta. 0 comunque ad uno sgambetto riguardante il cinema e la virtualità delle cose d'oggigiorno, macroscopicamente presente, mi pare, quando il protagonista gioca a fare il vendicatore della giungla pitturandosi e armandosi come Rambo e - soprattutto - guardandosi dal di fuori, vedendo se stesso agire come in un videogioco, smarrendo totalmente i confini tra 'realtà' (già compromessa come tale per conto suo) e 'immaginazione'. Qui, nel finale, le immagini si fanno psichedeliche: ma non si tratta più di un trip alla "Chappaqua", bensì di un 'viaggio' molto più terra terra, dove la droga non è quella coltivata nel campo limitrofo (il 'frutto proibito' da non cogliere, pena la perdita dell'Eden) ma quella di una alienazione da videodipendenza. Dal "Paradise Now" all'inferno quotidiano accettato con rassegnazione (altro che Ri-generazione!), dalla beat generation alla beach generation, ma su un'isola che non c'è. La vicenda si potrebbe in fondo racchiudere nella formula: fuga dal personal computer per tornare al personal computer. Il moderno Adamo non ha altre spiagge cui approdare se non quelle virtuali; ma non si tratta piuttosto del fratello scemo di Adamo?

> Autori: 

Boyle Danny

> Interpreti: 

Di Caprio Leonardo, York Daniel

> Origine: 

U.S.A.

> Voto: 

1 2 3 4 5

> Da vedere perchè: 

Lo potrei utilizzare...

> Elenco repliche: 

Cult, 11/03/2010 21:00

Cult, 14/09/2010 22:45

Cult, 26/01/2011 23:00

Cult, 11/05/2011 21:00

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