Breve rassegna storica delle Campagne Ministeriali AIDS negli ultimi 20 anni

Estratta dalla tesi di Chiara Cascio: "La comunicazione contro l'Aids: una valutazione d'impatto".

Tesi di Laurea in Comunicazione e Informazione Sociale, a.a. 2007/2008, Università di Bologna

 

 

 

I contenuti e le modalità della comunicazione istituzionale di massa tema AIDS hanno subito un’evoluzione nel corso del tempo, seguendo di pari passo il quadro sociale ed epidemiologico della malattia (Cordone e Frati, 2002). Rispetto alle prime campagne in bianco e nero degli anni ‘80, quelle moderne appaiono colorate, diversificate sulla base dei target (quando i budget a disposizione lo consentono), più complesse e con più canali di comunicazione attivabili..

 

 

Di seguito se ne propone una rapida carrellata, che intende soprattutto prendere in esame i prodotti audiovisivi realizzati sotto forma di spot.

La prima campagna ministeriale sull’AIDS viene commissionata all’Agenzia Armando Testa e trasmessa nel 1988. Budget, 12 miliardi, target l’intera popolazione italiana con età superiore ai 14 anni, media strategy che prevede sia stampa che televisione (Bruno, 2001). Il focus viene indirizzato sui bisogni fondamentali della popolazione generale di quel momento: accrescere la conoscenza sul problema e dissipare le paure infondate (Aloisi, 1998).Lo spot televisivo, della durata di un minuto, va in onda sulla Rai a reti unificate: immagini in bianco e nero mostrano le silhouette di un uomo e di una donna nudi, in penombra, che si muovono su un fondale luminoso, accompagnati dalle note delle canzone di Laurie Anderson O Superman. Una voce all’improvviso segnala che per l’AIDS non esiste ancora cura, proseguendo con: “… per fortuna non è facile ammalarsi di Aids, dipende dai nostri comportamenti”. Vengono di seguito elencati una serie di comportamenti considerati non a rischio: il baciarsi, il darsi la mano, il bere dallo stesso bicchiere e il mangiare con le stesse posate. Successivamente si affronta il tema più delicato, quello della trasmissione sessuale e di come prevenirla:

“L’Aids non si trasmette conducendo una normale vita di coppia ma si trasmette attraverso rapporti sessuali con persone già infette. Per questo è meglio evitare rapporti sessuali occasionali con persone sconosciute e comunque in questi casi cercare almeno di proteggersi col profilattico”.

             

Quello che viene ribadito è il concetto di “normalità”, che rinforza ancora una volta l’idea di come i comportamenti che trasmettono il virus siano “altri” e perciò devianti: l’unica coppia che non corre alcun rischio di infezione, oltre quella che usa il profilattico, è quella infatti in cui ognuno dei due partner è il compagno sessuale dell’altro, per sempre. Gli unici comportamenti ritenuti a rischio d’infezione sono i “rapporti sessuali occasionali con persone sconosciute[1]. Lo spot accenna anche modalità di  trasmissione attraverso il sangue infetto e lancia il messaggio: “… mai più siringhe usate”. Lo spot termina con lo slogan: “AIDS, se lo conosci, lo eviti. AIDS, se lo conosci, non ti uccide”: la scritta rossa AIDS risalta come una minaccia che collega il colore del sangue alla fragilità di quei corpi nudi che si muovono sulla scena (Bruno, 2001, 213).

Nel 1990 va in un onda un secondo spot di 45 secondi, sempre realizzato da Armando Testa: le immagini sono ancora in bianco e nero, ma le persone sieropositive sono riconoscibili perché circondate da un alone viola: ad ogni rapporto sessuale non protetto, ad ogni scambio di siringa infetta, l’alone passa, a insaputa dei personaggi, dal soggetto malato a quello “contaminato”. Solo lo spettatore esterno è in grado di osservare la facilità con cui l’alone viola passa da un individuo all’altro. L’ultima ad essere contagiata è la moglie di un uomo infedele che ha contratto l’HIV: una voce interviene sulla scena della coppia che passeggia ignara tra la folla:

“L’AIDS è molto più vicina di quanto sembri. Pensiamoci prima di avere rapporti sessuali occasionali con persone diverse e comunque in quei casi usiamo sempre il preservativo per ridurre il rischio”.

Lo stesso meccanismo dell’alone viola sulle note di O Superman si ripete in altri tre spot dell’agenzia Testa: il primo tratta di una donna che “rimorchia” in discoteca (vedi), il secondo di un ragazzo che rifiuta una dose di gruppo (vedi), il terzo di un punto interrogativo prima di fare il test. Secondo quanto riporta Bruno (2001), la morale sembrerebbe quella dell’allarme totale: la malattia c’è ma non si vede, non esistono segni distintivi che permettono di stabilire ad occhio nudo se un individuo è malato. L’alone viola nella realtà non esiste. 

 

 

 

Rispetto alla prima, la seconda campagna ministeriale, realizzata nel 1990, è incentrata sulla necessità di promuovere una consapevolezza maggiore sui problemi connessi con la diffusione della malattia, cercando di ottenere un’attenzione permanente sul problema AIDS da parte di tutta la popolazione (Cordone e Frati, 2002). E’ l’agenzia Publicis FCB/MAC questa volta a curare uno spot, in cui da una siringa fuoriesce del sangue che compone la scritta AIDS. La voce fuoricampo è quella di un ragazzo che racconta il suo primo “buco”. Non si parla né di sesso non protetto né di prevenzione. L’unica ammonizione è quella di non drogarsi, usando l’AIDS come deterrente.

 

 

Sempre la Publicis FCB/MAC produce un audiovisivo didattico intitolato I Giovani e l’AIDS rivolto agli studenti delle scuole medie superiori in cui il virus appare come un personaggio dei fumetti, con mantello e cappuccio chiari che coprono una sagoma scura il cui volto è segnato da due occhi bianchi: “il nero come simbolo del male, il mantello come richiamo al vampirismo e dunque al tema del sangue infetto, il cappuccio monastico come elemento medioevaleggiante” (Bruno, 2001, 211). Lo stesso personaggio compare anche in un video analogo, sempre prodotto da Publicis FCB/MAC per il Ministero, dal titolo Servizio Militare e AIDS. Realizzato in 1400 copie, viene distribuito nella caserme sempre agli inizi degli anni ’90. Carcere e AIDS è invece il titolo del video realizzato dalla medesima agenzia e distribuito in 500 copie negli istituti di prevenzione e di pena: il protagonista stavolta è Mr. AIDS, per analogia e omofonia con il personaggio Mr. Hyde del celebre romanzo di Stevenson, “Lo strano caso del dottor Jakyll e del signor”. Hyde[2]. In sintesi, si legge in questa seconda campagna il tentativo di mettere a punto iniziative mirate per scongiurare il pericolo di contrarre l’infezione da HIV da parte di alcune cosiddette categorie  a rischio - giovani, militari, carcerati, tossicodipendenti - e per allontanare i pregiudizi da tutti coloro che si trovassero a dover assistere le persone sieropositive. “La caratteristica più significativa della seconda campagna, in coerenza con quanto già avvenuto nella prima, fu il taglio non terroristico dei messaggi informativi volti a promuovere un atteggiamento nuovo, più maturo e realistico per imparare a convivere con una malattia come l’AIDS” (Cordone e Frati, 2002). 

 

Nel 1991 prende il via la terza campagna che persegue gli obiettivi della sensibilizzazione, della responsabilizzazione e della solidarietà non solo attraverso i consueti mezzi della televisione e della stampa, ma anche con un ricco programma di iniziative mirate alle popolazioni a maggior rischio di contrarre l’infezione da HIV, come gli adolescenti, i giovani, le donne in età fertile, gli omosessuali e i bisessuali, i tossicodipendenti.

A seconda dei settori di intervento individuati, vi è un consistente impegno a realizzare nuovi materiali informativi da diffondere attraverso diversi canali, come ad esempio i locali di ritrovo, gli ambulatori medici, le riviste per ragazzi e femminili, gli impianti sportivi. Uno dei temi principalmente affrontati è quello della solidarietà verso le persone sieropositive, ricordando che non esistono rischi nel trattenersi in di rapporti sociali con le persone infette, sia nell’ambito della scuola che negli ambienti di lavoro (Cordone e Frati, 2002). Altro obiettivo della campagna, è quello di sensibilizzare la popolazione generale sull’importanza di effettuare il test di sieropositività o di chiedere un parere esperto in tutti i casi di sospetto contagio. Per raggiungere questo scopo, vengono trasmessi in televisione due spot della durata di circa 30 secondi. Il primo si apre con una domanda pronunciata da una voce fuoricampo: “AIDS, cosa fai per te e per gli altri?”. Sulla scena appare un uomo che passeggia insieme ad un “amico” il quale, indicandogli una cabina telefonica, gli consiglia di chiamare subito il numero verde AIDS. “Basta un gettone”, continua la voce: “La telefonata è anonima e riservata. Per ogni tuo dubbio chiama il numero verde AIDS”. Sullo schermo il numero da contattare. 

 

 

 

Il secondo spot si propone come prosecuzione narrativa del primo: dopo lo slogan “AIDS, cosa fai per te e per gli altri?”, sulla scena appare lo stesso uomo dello spot precedente, dentro la cabina e con la cornetta telefonica all’orecchio. Sta parlando con una dottoressa, il cui volto passa velocemente sullo sfondo. La scena successiva ritrae il protagonista che si reca in ospedale per fare il test. Una stretta di mano con il medico e una voce fuoricampo: “Il test dell’AIDS è anonimo e gratuito”. L’uomo esce dall’ospedale, soddisfatto. Mentre va verso la telecamera, incrocia un altro uomo che, visto di spalle,  si intuisce stia andando a fare anche lui il test. “Se hai dubbi, fai il test dell’AIDS”, conclude la voce.

 

 

          

 

 

 

 

La quarta campagna, promossa tra il 1992-1993, utilizza molto materiale della terza e si caratterizza soprattutto per gli interventi di educazione e informazione promossi direttamente nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nel mondo dello sport, nelle discoteche e in altri centri di aggregazione giovanile (Aloisi, 1998). Uno degli interventi più importanti, in precedenza mai previsto nelle iniziative di prevenzione, consiste nella predisposizione di un opuscolo in quattro lingue rivolto alla la popolazione extracomunitaria, diffuso nelle Questure e nei centri di prima accoglienza  (Cordone e Frati, 2002).

Mentre le prime campagne si basavano sull’esigenza di diffondere le conoscenze basilari sulla malattia e fornire le informazioni fondamentali sui principali aspetti della stessa, sull’onda di un’emergenza fortemente avvertita da tutta la popolazione italiana, le successive intendono promuovere un atteggiamento più maturo e consapevole sottolineando quanto sia importante imparare a convivere con questa patologia, sviluppare un atteggiamento di solidarietà nei confronti delle persone infette e ridurre il rischio attraverso comportamenti responsabili. Dal 1992, le campagne di prevenzione iniziano a rivolgersi soprattutto ai giovani, acquistando sempre più una grafica accattivante e una lettura ironica del problema[3].

 

 

Proprio per la necessità di adattare la comunicazione a target specifici, la quinta campagna ministeriale ricorre ai testimonial, personaggi famosi o importanti nel  contesto sociale di riferimento che, in virtù della loro fama, sono in grado di scatenare processi di imitazione all’interno del proprio pubblico e di influenzarne, dunque, i comportamenti. (Aloisi,1998).

 

La quinta campagna AIDS prende il via nell’agosto del 1995, inserendosi in un contesto in cui l’informazione diffusa negli anni precedenti ha già tentato di contribuire a combattere paure e credenze infondate sulla malattia. Contemporaneamente, l’attenzione nei confronti del problema inizia a diminuire, nonostante la situazione epidemiologica evidenzi un aumento dei casi di trasmissione tra la popolazione eterosessuale. Vengono perciò stabiliti degli interventi specifici rivolti alle donne, ai giovani, agli studenti e alle persone recluse in strutture carcerarie. In questa occasione vengono realizzati sei brevi spot in ognuno dei quali appare un testimonial televisivo: Licia Colò (vedi), Serena Dandini (vedi), Maria de Filippi (vedi), Gianluca Grignani (vedi), Kim Rossi Stuart (vedi), Fiorello (sotto). La scelta non è casuale, ma è determinata dalla capacità di ognuno di loro di raggiungere una particolare fascia di popolazione. Ogni spot è una sorta video-messaggio di 20 secondi, in bianco e nero, che ritrae il personaggio, in primo piano, che si rivolge direttamente allo spettatore. I toni sono quelli confidenziali, tanto che il testimonial si rivolge al pubblico con un “tu” o con un “voi”. Ogni personaggio dà delle informazioni, racconta la sua esperienza, invita a proteggersi. “Perché l’AIDS non guarda in faccia a nessuno”, ripetono. Nessuno di loro però pronuncia la parola “preservativo”. A conclusione dello spot, appare lo slogan: “Fermare l’AIDS. Umanamente possibile”. La parola AIDS è scritta in verde. Seguono le indicazioni del Ministero: “Evitare i rapporti sessuali occasionali, usare il preservativo. Non drogarsi, non utilizzare le siringhe usate”. Infine, il numero verde AIDS, anch’esso scritto in verde.

 

 

 

La sesta campagna informativa sull’AIDS, datata 1998-1999 di concentra sui concetti di  responsabilità, solidarietà verso i malati e riduzione del rischio (Cordone e Frati, 2002). Si promuovono l’utilizzo del profilattico, il ricorso al test HIV, il numero verde AIDS. Caratterizzata dallo slogan “AIDS, abbiamo intenzione di sconfiggerlo”, questa prima fase della campagna viene realizzata direttamente dal Ministero della Sanità, potendo contare sulla collaborazione del creativo Lorenzo Marini[4], su diciotto gruppi editoriali che hanno offerto spazi gratuiti su quotidiani, settimanali e mensili e sulle reti televisive pubbliche e private, che hanno concesso gratuitamente spazi via etere.

 

 

La seconda fase della campagna informativa sull’AIDS, prevista per il biennio 1999- 2000, si apre con una novità: il 23 giugno 1999 va in onda su Rai e Mediaset il primo episodio della miniserie televisiva denominata “Gli amici di Sara”, ideata e prodotta dalla Saatchi&Saatchi e dalla Lux Vide con la regia di un ancor giovane Gabriele Muccino.  La miniserie riveste un’importanza strategica molto rilevante, sia per la novità del formato di comunicazione - 8 puntate di 3 minuti ciascuna - sia per l’elevato contenuto di intrattenimento. “Gli amici di Sara” nasce dall’idea di parlare di un problema come l’AIDS, attraverso una forma di comunicazione nuova, non istituzionale e capace di sensibilizzare il pubblico, proponendo un mondo affettivo nel quale riconoscersi e dove il problema AIDS sia condiviso ed affrontato, anche se non vissuto in prima persona” (Cordone e Frati, 2002, 16). Questa seconda fase della campagna condivide con la prima il richiamo alla responsabilità e alla consapevolezza come arma principale di prevenzione. I protagonisti delle storie de “Gli Amici di Sara”, infatti, sono ragazzi che vivono e condividono con grande senso di responsabilità la loro libertà: tra loro sono ammessi aiuto reciproco, confronti e discussioni su scelte e opinioni. La minifiction “Gli amici di Sara” viene promossa anche da stampa e radio. E’ altresì prevista una versione radiofonica degli episodi. Ad arricchire questa sesta campagna ministeriale, la programmazione di quattro spot, in linea con la mini serie. Gli spot comprendono un soggetto da 30 secondi a carattere generale e tre adattamenti da 15 secondi, focalizzati sui temi della solidarietà, del test HIV e dell’uso del preservativo.

 

Per l’estate 2002, il Centro Operativo AIDS (COA) del Ministero della Salute organizza diverse iniziative di lotta all’AIDS in luoghi di villeggiatura e nelle località di maggiore richiamo per i giovani. Come protagonisti della campagna vengono scelti Lupo Alberto e la Gallina Marta disegnati da Silver[5]. Personaggi molto popolari fra i giovanissimi, questi due simpatici testimonial erano i più indicati a promuovere tra i ragazzi i comportamenti corretti per la prevenzione dell’AIDS, ricordando che l’HIV è un problema di tutti e che non si può mai abbassare la guardia. L’approccio è quello dell’ironia, lontano dai messaggi terroristici e ansiogeni delle prime campagne. Ben tre messaggi apparsi su manifesti e locandine riguardano la prevenzione:“Un casco per uno e questo per due”; “Farlo senza costa caro. Troppo caro.”; “Che aspetti a metterlo? Che sia firmato Nike?”. L’elemento centrale della comunicazione - l’innominabile profilattico - appare disegnato nei manifesti, ma sistematicamente censurato nei testi.

 

Le affissioni, statiche e dinamiche, con le immagini di Lupo Alberto sono collocate:

  • nelle stazioni ferroviarie e a bordo dei treni nazionali e regionali;
  • sui traghetti per le grandi e piccole isole;
  • sulle vetture urbane ed extraurbane circolanti nelle principali città e province del territorio nazionale;
  • nel circuito dei distributori di carburante che attraversa l’Italia seguendo le coste e che comprende le due città di Milano e Roma;
  • in 35 parchi nazionali:
  • nelle stazioni e nei treni delle metropolitane di Milano, Roma, Napoli e Bari.

Inoltre, negli aeroporti e nei cinema del territorio nazionale  sono trasmessi gli spot di Lupo Alberto.

 

La settima campagna ministeriale contro l’AIDS inizia nel 2002 e si conclude nel febbraio del 2004. Ora l’Aids non viene più considerato una malattia mortale, ma una patologia cronica e invalidante. Proprio per questo motivo si registra un forte calo dell’attenzione nei confronti del problema. A fronte di questa situazione, gli obiettivi della campagna sono dunque tre: sensibilizzare tutti a tenere alta la guardia, evitare i comportamenti a rischio, fare il test Hiv. Per veicolare il messaggio vengono impiegati diversi media; il target da raggiungere è ampio: giovani, donne e tutta la popolazione di età compresa fra i 14 e i 65 anni, soprattutto quella che vive nei grandi centri urbani e nelle regioni dove si registra più alta la percentuale malati e infetti. In televisione, alla radio e al cinema, vengono trasmessi tre spot con testimonial famosi: Michelle Huntzinker (vedi), Gabriel Batistuta (vedi) e Renato Pozzetto (sotto). Elemento comune ai tre spot, l’associazione del malato a una rosa che lentamente appassisce in solitudine. Nessun accenno al profilattico: solo una timida allusione suggerita dal gesto della Huntzinker di infilarsi un cappello. Elemento caratterizzante è l’acronimo A.I.D.S. che ricorrente in tutta la campagna ed è così esplicitato: “Avete Idea Della Sofferenza?”.

 

 

L’espressione appare anche sulla stampa, periodica, quotidiana e nelle affissioni. Nei poster, nelle pagine dedicate, nelle locandine e nelle brochure si alternano i messaggi “La prevenzione il modo più grande di amare”  e “L'amore per noi stessi è il primo che ci protegge dall'Aids”. A Roma si realizza un evento-concerto. Lo “Stop AIDS Concert”, in programma il 1° dicembre 2003 in occasione della Giornata Mondiale per l’Aids viene diffuso in diretta su RTL radio nazionale. La campagna prevede inoltre interventi di supporto programmati per raggiungere in modo capillare il maggior numero di destinatari su tutto il territorio. Tra questi  basterà ricordare l’iniziativa “Treno Azzurro”, ossia la decorazione con i soggetti e i colori della campagna di un intero vagone del treno che collega le località della riviera adriatica da Ravenna a Pesaro. Attraversando 14 stazioni dal 19 al 30 luglio, il treno è in grado di raggiungere il “popolo” di locali e discoteche. 

 

Nel corso del 2005 non si prevede nessuna campagna. Si torna a parlare di AIDS nel 2006 con l'ottava campagna ministeriale. Gli ultimi dati epidemiologici dell’Istituto Superiore di Sanità registrano un aumento della trasmissione dell’HIV-AIDS per via sessuale e la diminuzione di casi di contagio tra i tossicodipendenti: il Ministero decide allora di intervenire con una nuova campagna rivolta alla popolazione sessualmente attiva, sia etero che omosessuale. L’obiettivo è quello di diffondere il concetto di prevenzione legato alla sessualità. Ulteriore target da raggiungere, la popolazione straniera presente sul territorio italiano che, per le precarie condizioni di vita in cui una parte minoritaria di essa vive e per le difficoltà linguistiche e culturali di accesso ai servizi sanitari, è maggiormente esposta al contagio di AIDS. In occasione di questa campagna, va in onda uno spot televisivo di 30 secondi, veicolato sia sugli spazi sociali gratuiti delle reti RAI, sia su quelli a pagamento delle TV locali. Lo spot, colorato e dalla grafica accattivante, propone in successione le parole chiave previste per questa campagna: “AIDS, testa, sesso, amore, rispetto amore, positivo, negativo, vita, gravidanza. L’amore per la vita contro l’AIDS”. Nessun riferimento al profilattico, metaforicamente insinuato dal lucchetto disegnato sulla parola amore. Viene poi realizzato anche uno spot radiofonico. A completare l’opera, si aggiungono affissioni, messaggi su testate sportive ed etniche, opuscoli redatti in otto lingue diverse e la distribuzione di materiale informativo e gadget attraverso un tour estivo che comprende sei regioni: Lazio, Campania, Emilia Romagna, Calabria, Puglia e Abruzzo.

 

 

 

 

 

“Rispetta la vita, rispetta te stesso e gli altri, usa il preservativo, nell’amore non rischiare”  è il messaggio di prevenzione promosso dalla nona campagna ministeriale contro l’AIDS e le malattie sessualmente trasmissibili. Lo spot video, presentato in anteprima alla stampa il 30 novembre 2007, va in onda a fine gennaio 2008 sulle reti Rai, Mediaset e Telecom (La7 e MTV). Inoltre, il video è trasmesso anche nei circuiti cinematografici e in 12 aeroporti italiani Lo spot, pensato e realizzato dalla regista Francesca Archibugi, ha per protagonisti due coppie di giovanissimi e di adulti le cui storie si incrociano in una farmacia aeroportuale. Sarà però la versione ridotta dello spot ad andare in onda, includendo solo la vicenda dei due ragazzi, per una durata di 30 secondi complessivi.

Il video si apre con la giovane coppia che discute davanti alla farmacia dell’aeroporto. Interviene subito la voce fuoricampo di Ambra Angiolini: “Un piccolo gesto di responsabilità può evitare una malattia terribile”. “Dai vai tu”, suggerisce la ragazza al compagno, che invece è un po’ titubante: “No, vai tu, io mi vergogno”. Così, lei decide di entrare, trascinandosi dietro lui. La ragazza chiede alla farmacista una confezione di profilattici. “Anzi due”, aggiunge, strappando un sorriso alla signora in coda dietro di lei. Poi di nuovo, la voce di Ambra: “Nell’amore non rischiare”. Segue una scena in cui i due ragazzi, tenendosi per mano, corrono a prendere l’aereo. Interviene ancora  Ambra che finalmente appare nella scena successiva: “In Italia ogni anno ci sono circa 4 mila nuovi casi di contagio del virus HIV. Rispetta la vita, rispetta te stesso e gli altri, usa il preservativo. Ti protegge dall’AIDS e dalle altre malattie sessualmente trasmissibili. Per saperne di più telefona al numero verde AIDS”. Appare allora il numero e la firma Ministero della Salute.

 

 

 

Questo spot, si distingue dai precedenti perché utilizza messaggi sessualmente espliciti e  concretizzati nella parola “preservativo”. Oltre allo spot, il piano di comunicazione prevedeva anche una campagna di affissioni negli ambulatori, rivolta principalmente alle persone sieropositive, e si conclude con la realizzazione del brano rap “Quando sei lì per lì”, scritto e suonato dagli Assalti Frontali e mandato in onda sui principali circuiti radiofonici in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS 2008. La crescente diffusione della cultura hip-hop nel mondo giovanile ha convinto il Ministero ad utilizzare la musica rap come strumento privilegiato di interazione con i giovani e tra i giovani  in grado di promuovere l’uso del profilattico. Per facilitarne l’ascolto e la diffusione, si è deciso di rendere il brano gratuitamente scaricabile da Internet. (scarica)

 

Nel 2009, in concomitanza con la celebrazione del World AIDS Day, è partita la decima campagna informativo-educativa “Aids: la sua forza finisce dove comincia la tua. Fai il test!”.

Obiettivo del Ministero è quello di contrastare l’abbassamento dell’attenzione della popolazione italiana nei confronti del problema Aids e in particolare di incentivare gli adulti d’età compresa tra i 30-40 anni, di qualunque orientamento sessuale, italiani e stranieri, ad effettuare il test HIV.

La campagna viene dapprima diffusa sui principali organi quotidiani e periodici della carta stampata, mentre a livello televisivo e radiofonico viene trasmesso uno spot interpretato dal noto attore cinematografico Valerio Mastandrea e diretto dal regista Ferzan Ozpetek.

L’attore romano appare da subito nel video, mentre cammina, con passo deciso, in un parco pubblico. Lungo il sentiero, incrocia diversi passanti che lo guardano mentre lui, incurante, ad alta voce manifesta la propria volontà di fare il test: “Sembra che non ci sia più. Sembra. Solo perché se ne parla di meno uno pensa: Tanto a me non mi succede! Invece succede eccome. Io il test HIV ho deciso di farlo. In fondo si tratta di una semplice analisi”. Con fare deciso, l’attore afferra e blocca un pugno tirato contro di lui. I passanti incontrati ed altri si riuniscono ad ascoltare Mastandrea che invita tutti a: “Non abbassare la guardia. Fai il test!”. Seguono poi il claim “AIDS: la sua forza finisce dove comincia la tua”, la firma del Ministero della Salute e il numero verde AIDS

Target della campagna la fascia di popolazione cosiddetta "inconsapevole" cioè coloro che non essendosi sottoposti al test ignorano la propria sieropositività, infettano gli altri attraverso i rapporti sessuali e ricevono una diagnosi tardiva della malattia.

 

 

 

 

 

Bibliografia

Aloisi, M.S. 

1998    “Le campagne informative sull’AIDS in Italia”. In Dianzani, F., Ippolito, G. e Moroni, M. (a cura di) Aids 1998. il contributo italiano. Padova: Piccin-Nuova Libreria.

 

Bruno, M.V. 

2001  “Virus e Tabù: le campagne pubblicitarie sull’AIDS”. In: Chiaretti, G., Rampazi, M. e Sebastiani, C. (a cura di), Conversazioni, storie, discorsi. Roma: Carocci, pp. 205-218.

 

Cascio, C.

2009       La comunicazione contro l'AIDS: una valutazione d'impatto. Cascio Chiara, tesi di Laurea in Comunicazione e Informazione sociale, a.a. 2007/2008, Università di Bologna. 

 

Frati, A. e Cordone, M.N.

2002    “Le campagne informativo-educative sull’AIDS del Ministero della Salute 1988-2002”. Bollettino delle Farmacodipendenze e dell'Alcolismo, 25, pp. 11-18.

     Sitografia

www.ministerosalute.it

www.progettosteadycam.it

http://www.youtube.com/user/SteadyAids


 

[1] Queste riflessioni sullo spot sono tratte da Perone P, (2003) Il profilattico nell’era dell’AIDS. Lila Lazio.

[2] “La simbologia del nascosto che in Stevenson profetizzava la scoperta dell’inconscio da parte della psicanalisi (Hyde dal verbo to hide che significa occultare, celare), rivela la sua matrice profilattica. La doppiezza del dr. Jackyll non è quella di un soggetto umano che ha qualcosa da nascondere (un insospettabile omosessuale o tossicodipendente) bensì quello di un agente patogeno che si nasconde spesso piccoli (come la punta di una siringa)” (Bruno, 2001, 211).

[3] Cfr. il report “Le Campagne AIDS in Italia. Analisi di sfondo sulle campagne precedenti e parallele alla campagna ministeriale 2008”, Università di Bologna.

[4] Lorenzo Marini Associati - www.lorenzomarini.com. 

[5] Nell'ambito della terza campagna nazionale di prevenzione (1991-’92), il Ministero della Sanità ha fatto ricorso a Lupo Alberto nella realizzazione di un opuscolo rivolto ai giovani e pensato per essere distribuito nelle scuole. L’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Rosa Russo Jervolino, ritenendo che l'opuscolo contenesse materiale troppo esplicito, prima ne sospende e poi ne vieta definitivamente la distribuzione all'interno delle scuole.